English: Codex de sphaera (estense) - 1469. Allegory of Sforza family's Coat of Arms. Biblioteca Estense in Modena, Italy. Showing coats of arms and heraldic badges of the Sforza family. Central badge: Dog seated under a pine tree / Greyhound seated under a pine tree uncollared and unleashed by a celestial hand.
(Maspoli, Carlo, Arme e imprese viscontee sforzesche Ms. Trivulziano n. 1390 (2a parte), 1997[1])
L'impresa del veltro o levriere accosciato sotto un pino ed accompagnato da una mano celeste / L'impresa del cane sedente sotto il pino e con la mano celeste. Risale al periodo visconteo in quanto la troviamo scolpita con il suo motto su una banda tenuta da una delle figure muliebri poste ai lati della statua equestre del sarcofago di Bernabo Visconti già in S. Giovanni in Conca ed ora custodito in una sala del castello di Milano. Quest'impresa, legata alla singolare figura di Bernabö Visconti che di tutti i Principi della sua famiglia fu sicuramente il cacciatore più appassionato, tanto che per questa sua predilezione venatoria, in particolare del cinghiale, possedeva un nutrito stuolo di ben cinquemila cani affidati in custodia a quella parte dei suoi sudditi che «avevano un estimo di Cinquecento lire imperiali». Tutti coloro che avevano uno di questi cani erano obbligati, periodicamente due volte al mese, sottoporlo a un controllo e come dice il Corio nelle Storie di Milano «onde trovandoli macri, in grande summa de pecunia erano condemnati, e se grassi erano, incolpandoli del troppo, similmente erano mulctati; se morivano gli pigliava il tutto; e gli ufficiali o caneteri più che pretori de le terre erano temuti». La mano celeste, fuoruscente da un nimbo, che accompagna il cane (veltro o levriere) assiso sotto il pino è posta generalmente in alto sulla destra di chi guarda e a volte trattiene il cane per il suo guinzaglio o altrimenti è effigiata nel gesto di averlo liberato e in questo caso il guinzaglio è attortigliato al fusto del pino. L'impresa è associata al motto QUIETUM NEMO IMPUNE LACESSET (Nessuno impunemente attenderà alla pace / Anche se in riposo nessuno lo potrà impunemente legare / Nessuno provocherà il tranquillo. Motto che trova collazione nel detto comune «Non stuzzicate il can che dorme». Quest'impresa, dall'esplicito significato e coadiuvato dal chiaro motto, fu cara a Francesco I Sforza, avvertendo che non recando molestia ad alcuno non sopportava che a lui ne dessero, tenendosi pronto a reagire alla provocazione. Nella pala dell'altare maggiore dell'Abbazia di S. Sigismondo a Cremona (opera di Giulio Campi) sono rappresentati i duchi Francesco Sforza 1 e Bianca Maria Visconti ove il matrimonio venne celebrato il 25 ottobre 1441. La scelta di questa chiesa, allora in aperta campagna, fu dettata da una misura precauzionale decisa dallo sposo dubbioso di qualche trama da parte dell'infido padre délia sposa Filippo Maria Visconti, III duca ed ultimo rappresentante délia signoria dei Visconti su Milano. Il pregevole dipinto oltre che rappresentare un fatto storico è, per l'araldista, un documento importante in quanto sulla giornea militare di Francesco I Sforza è finemente ricamata l'impresa del cane assiso sotto il pino e délia mano celeste, impresa inquartata con quella dell'ondato. }}